Nel corso della XXXII Edizione del Romics, il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games che si è svolto presso il complesso della Nuova Fiera di Roma dal 4 al 7 aprile 2024, Passion4Fun ha avuto il piacere di intervistare Riccardo Zara, insignito del prestigioso premio Romics d’Oro, assieme a Guimoar Serina, storici membri del gruppo specializzato in sigle di cartoni animati “I Cavalieri Del Re”.
La vita e la carriera
Riccardo Zara, classe 1946, è sempre stato affascinato dalla musica, interesse che ha coltivato sin da giovanissimo grazie all’incoraggiamento della nonna materna che gli regalò i primi strumenti musicali e mandandolo a studiare i rudimenti.
Agli inizi degli anni ’60 forma il gruppo “I Draghi” assieme a tre amici, dedicandosi alla realizzazione di cover di canzoni italiane ed internazionali, iniziando anche a comporre i primi testi in maniera autonoma.
Negli anni immediatamente successivi, Zara suonò a bordo delle navi da crociera in giro per il mondo per poi tornare in Italia verso la fine degli anni ’60. Investendo i propri risparmi per realizzare uno studio di registrazione in casa, dopo essersi trasferito a Milano, iniziò a suonare ed incidere da solo le proprie canzoni, spedendole alle diverse case discografiche in cerca di fortuna.
Nel 1972 una sua canzone, “Viaggio di un poeta”, fu scelta ed affidata al gruppo dei “Dik Dik” che vinsero il Festivalbar dello stesso anno; il successo spinse la band a chiedere a Zara altre canzoni ed è così che venne realizzata per loro “Storia di periferia”, “Il cavallo, l’aratro, l’uomo” e “Ultima estate”.
Sempre nel 1972 conobbe Clara Serina, con cui si sposò pochi anni dopo e da cui ebbe un figlio, Jonathan.
In quegli stessi anni, conobbe il cantautore Sergio Alemanno con cui collaborò in veste di arrangiatore realizzando canzoni in dialetto genovese assieme ad altri artisti; lo stesso Alemanno lo presentò a Bruno Lauzi ed insieme, i tre portarono avanti una carriera musicale per quasi nove anni.
Contemporaneamente, verso la metà degli anni ’70, fondò con Marcello Minerbi, Giulio Del Santo e Gianni Bobbio lo studio di registrazione “Central Studio” incentrato sull’incisione di cover.
Nel 1977, Riccardo Zara realizzò, firmandosi con lo pseudonimo “I Cheyennes”, su richiesta di Bruno Barbone, direttore della Duck Record, una sigla per lo sceneggiato televisivo “Rin Tin Tin”, pubblicata su disco dalla Fonit Cetra; il pezzo ottenne un ottimo successo nonostante non venisse trasmesso in televisione.
La canzone, interamente realizzata da Riccardo Zara, fu la prima di una lunga serie di sigle. Poco tempo dopo, venne commissionata la sigla di “Lassie” (realizzata sempre sotto lo pseudonimo “I Cheyennes” e non inserita nella sequenza televisiva) a cui seguì la sigla “Woobinda”, la prima per la televisione, realizzata assieme al gruppo de “Le Mele Verdi”.
Nel 1978, poco dopo le registrazioni dei cori dei bambini di “Woobinda”, divampò un incendio che distrusse il “Central Studio” costringendo a ricominciare tutto da capo.
Riccardo Zara decise di mettersi in proprio supportato dalla famiglia, fondando nel 1980 la “Cascina 3F S.a.S. Recording Studio”.
Nel 1981, sfogliando le pagine della rivista “TV Sorrisi & Canzoni” Riccardo Zara lesse la programmazione delle serie animate giapponesi di prossima trasmissione e scoprì “Wicky il vichingo”, di cui realizzò subito una sigla che propose inizialmente alla Fonit Cetra ma che venne respinta, in quanto fu poi scelto un altro brano.
Nel periodo successivo, Clara Serina girò per le case discografiche milanesi promuovendo i lavori ed il nuovo studio, arrivando fino allo studio “Numero Uno”, la succursale di Milano della RCA.
Poco dopo, Olimpio Petrossi della RCA di Roma contattò Zara, mostrando interesse per la musica di “Wicky il vichingo” ma chiedendo che venisse cambiato il testo per poi essere cantata ex-novo.
Era il 1981 e con l’aiuto di Clara nel giro di pochi giorni venne realizzata “La spada di King Arthur” di cui inizialmente si ignorò il grande successo. Quando in studio arrivò la famiglia Orfei per incidere una canzone, scoprirono che “La spada di King Arthur” a Roma stava già andando in onda ed era già ben conosciuta.
Dopo aver chiamato la RCA scoprirono non solo che il disco fu un successo ma che, per via del brano, la casa aveva attribuito al gruppo il nome “I Cavalieri del Re” sancendo di fatto l’inizio della loro carriera.
Pochi giorni dopo si unì a loro Guiomar, sorella di Clara, arrivata dal Brasile per supportarli come tecnico del suono.
Da quel momento, la RCA affidò alla band numerosi brani fra cui “Chappy” creata riadattando il brano scartato di “Banner lo scoiattolo” (inizialmente il testo era scritto al maschile a causa di una incomprensione telefonica), “Sasuke Piccolo Ninja”, “Kimba Il Leone Bianco”, “Superauto mach 5 go! go! go!”, “Calendar Men”, “Il libro Cuore” e “L’isola dei Robinson” tutte del 1982.
Il 1982 si rivelò essere un anno estremamente importante per il gruppo, poiché videro la luce due delle iconiche sigle ovvero: “L’Uomo Tigre” e “Lady Oscar”.
La RCA commissionò un 33 giri intitolato “La Storia Di Lady Oscar” con all’interno 4 brani realizzati da Riccardo Zara; oltre alla sigla, realizzata adattando il testo ad una melodia già creata in precedenza, vennero incluse “Minuetto per la Regina”, “Canto di Andrè”, “Complotto a corte” e “Alle porte della Rivoluzione”.
Singolare è stata la scelta di attribuire al gruppo solo canzoni attinenti al tema medievale e cavalleresco, mentre negli altri casi vennero adoperati i nomi dei singoli cantanti: ad esempio, “L’Uomo Tigre” fu accreditata al solo Riccardo Zara, mentre “Superauto mach 5” fu attribuita a Guiomar Serina.
Dal 1983 al 1986 continuò la prolifica attività del gruppo che realizzò moltissime sigle iconiche quali: “Moby Dick 5” (realizzata partendo dal brano scartato di “X Bomber”), “Lo specchio magico”, “Ugo il re del judo”, “Coccinella” (brano di Lucio Macchiarella su musica di Vincenzo Gioieni i quali chiesero appositamente ad Anselmo Natalicchio, produttore de I Cavalieri del Re, di far cantare il brano al gruppo), “Gigi la trottola”, “I Predatori del tempo”, “Devilman”, “Ransie la Strega”, “Godam”, “Nino il mio amico Ninja”, “Il fichissimo del baseball” e “Yattaman”.
Fra i brani scartati o non utilizzati, vanno citati anche “Lupin, Ladro Gentiluomo”, “Mademoiselle Anne”, “Forza Sugar”, “Digimon Spiriti Virtuali” e “La macchina del tempo”.
Nel 2006, il gruppo è stato protagonista di un grandioso concerto reunion all’interno del Lucca Comics & Games, che ha attirato fan da ogni parte di Italia e che, da una iniziale previsione di un’esibizione di una decina di brani, invece, ha visto il gruppo esibirsi proponendo l’intero repertorio.
In occasione della XXXII Edizione del Romics, che ha premiato Riccardo Zara con il prestigioso premio del Romics d’Oro, la Nippon Shock Edizioni ha proposto in anteprima il libro “I Cavalieri del Re – La Vera Storia”, un libro autobiografico che cela i retroscena del gruppo, andando non solo a raccontare aneddoti e curiosità, ma anche a dissipare ombre e verità parziali per far luce sulla carriera del più influente ed importante gruppo dedicato alle sigle dei cartoni animati in Italia.
Vi riportiamo di seguito la nostra splendida intervista, realizzata al Romics XXXII, presso lo stand Nippon Shock Edizioni.
Amante da sempre del mondo giapponese e di tutte le sue estrinsecazioni, fin da piccolo rimane affascinato del mondo dei robottoni anni ‘70/’80; purtroppo l’adorata madre decide arbitrariamente un bel giorno di regalare tutti gli adorati balocchi senza nulla comunicare…gran bel trauma davvero!
Crescendo la passione sconfina anche nel mondo dei Supereroi dei Comics e quello dei cartoni animati americani.
Grande lettore dei fumetti tutti fino ai 18 anni, quando si allontana da questo mondo per dedicarsi agli studi universitari.
Come si sa, però, le grandi passioni ritornano sempre; infatti dai 26 anni in poi torna ad essere un collezionista di Myth Cloth, di Chogokin e di MasterPiece dei Transformers (grazie anche ai suoi numerosi viaggi in Giappone), ma anche di model kit dei Gundam.
Negli ultimi anni si dedica al collezionismo di statue in scala 1:4 ed 1:3 nel quale ricerca la perfezione nelle forme, pur non abbandonando i modelli dei tanto amati robottoni dell’infanzia.